I marmi antichi usati nella produzione dei pavimenti furono soprattutto rosso porfido, verde serpentino, giallo antico, bianco e pavonazzetto, a mo' da sembrare un tappeto gigantesco a disegni geometrici, come si vede tutt'ora nel Pantheon, o a formare dei disegni, variando i colori per ottenere toni sfumati dallo scuro al chiaro, lasciando il primo al centro della composizione. L'uso esteso del marmo iniziò nel I° sec. a.c. a Roma, per iniziativa di Augusto, che fece erigere o ricoprire di marmo tutti gli edifici pubblici. Si importarono marmi, oltre che dal suolo italico, da Spagna, Gallie, Grecia, Asia Minore, Egitto, Tripolitania, Numidia, Mauritania. Non esiste, in pratica, marmo della più remota località dell’impero che non sia stato impiegato a Roma o di cui non si sia rinvenuto qualche frammento negli scavi.
Nel corso del I sec. iniziò lo sfruttamento delle cave di Luni (marmo lunense, oggi "marmo di Carrara"), che rappresentava un buon sostituto, con minori costi di trasporto, dei marmi bianchi importati dalla Grecia. Con la conquista dell’Egitto intorno al 40 a.c., i Romani portano a Roma opere e manufatti egiziani, tra i quali gli obelischi di Trinità dei Monti e di S.Giovanni in Laterano, alto 32 m., costituiti da Sienite (granito alcalino). L’estrazione dei graniti, alabastri, porfidi e marmi dell’alto Egitto diventa talmente intensa che Cesare istituì una tassa, detta "columnarium", per ciascuna colonna importata a Roma. Da allora, oltre 50 varietà furono conosciute e moli speciali vennero attrezzati lungo le rive del Tevere per le importazioni da tutto l'Impero.